Bong Jong- Ho firma nel 2003 questo affresco della Corea rurale nel pieno dello stridore delle coazioni dell’incipiente ingresso nella modernità occidentale . Anni prima di Parasite sperimenta linguaggi e temi che gli hanno procurato tanta meritata notorietà.
Surreale , grottesco e a tratti comico guarda quel mondo in bilico tra tradizione e mutazione con occhio disincantato e tuttavia malinconico.
Oltre la trama, un thriller sui generis che si ispira ad una serie di omicidi realmenti accaduti e risolti ben 16 anni dopo l’uscita del film, il regista riesce ad infilarsi nelle pieghe dello stile di vita di un epoca di “passaggio”, lasciandoci ritratti di uomini e donne, poliziotti e gente comune che da soli bastano a dipingere la Corea del colpo di stato, dei villaggi rurali fatti di vecchie case in cui fanno capolino i simboli del nuovo futuro che bussava a quelle porte.
Un film dalle atmosfere umbratili e umide, che ci porta in un mondo ruvido ma che intenerisce lo spettatore con una sconosciuta ingenuità narrativa tanto distante da Hollywood.