Già il titolo appare subitaneamente come un ossimoro, laddove oggi felicità è una dimensione personale, ma vagando per il film si approda a dimensioni meno soggettivistiche, che ne riscattano la scaturigine sociale.
Quindi solo dopo un inizio che spiega la professione di Enrico Giusti si entra nel vivo del film. Giusti è una specie di nuovo poliziotto della civiltà complessa che impedisce che uomini inadeguati possano fare danni sociali restando alla guida di aziende importanti. Un mestiere etico insomma. Un mestiere alla moda nel mondo dominato dal mercato. Convincere i proprietari di aziende a venderle, facendo guadagnare qualche avvoltoio che le smembrerà senza tanti riguardi per nessuno. E l’inganno e l’ipocrisia già si subodorano. Già da qui qualcosa di interessante attira lo spettatore.
Bisogna entrare nel vivo della narrazione per vederle esplodere queste contraddizioni. Per veder contrapporsi il cinismo delirante degli Advisors alla ingenuità giovanile che si oppone all’egoistico tentativo di smembrare l’azienda dei genitori appena morti in un incidente stradale.
La felicità individualistica contro quella “sociale”. Un tema politico quindi, ma che nel film si mescola a livelli psicologici ed esistenziali.
La fuga come risposta ai problemi. Il padre di Giusti e il fratello sono uomini in fuga, ma Enrico resiste a quella tentazione di prendere la scorciatoia. Ed egli pagherà il conto di rimanere ad affrontare i problemi, subendo pure l’abbandono della fidanzata del fratello, Hadas Yaron, e il licenziamento.
Il confronto con l’operato dei genitori, la sfida di riscattarne gli errori come per Giusti o di difenderne la memoria come per Filippo e Camilla, ma anche il pigro sussiego del figlio cinico pigro e drogato.
E l’ossessione del sistema in pieno delirio di onnipotenza per parole come Etica , Purezza , Dio che cadono nel vuoto sterile creato dal cinismo e dall’indolenza dominanti si contrappone alla freschezza giovanile ancora incorrotta.
Non è una sfida realmente concreta quella intrapresa da Enrico , ma un sogno : lo sottolinea i tanti stacchi musicali e l’estetica delle immagini oniriche come prese da spot pubblicitari.
Enrico alla fine dovrà ricominciare a ripensare la propria esistenza partendo dalle basi: il film lo coglie dormire per terra, contrariamente ai suoi precedenti modelli comportamentali, imitando alla fine Hadas Yaron che per tutto il film ha rappresentato il suo alter ego, la parte irrazionale, ingenua , sentimentale e sincera.