Tangerine
È nel bel mezzo della guerra per l’Ossezia , che i georgiani tentarono di occupare nel 2008, che il vecchio e mite estone Ivo (Lembit Ulfsak), dall’occhio ormai disincantato, vive l’intreccio tra terra e morte e quindi, proprio per questo, segue il filo della vita.
L’Ossezia non è la sua terra, ci vi fu deportato ai tempi di Stalin, ma lì è sepolto il figlio e per questo qui se ne rimane a coltivare mandarini.
Il colore degli agrumi, contrastando con il grigiore verdastro, è la metafora del pulsare della vita, o del suo “divenire”, e nel film si accompagna ad una colonna sonora evocativa delle antiche ballate popolari caucasiche.
Che strana la guerra. Dalle sue devastazioni scaturisce la poesia della morte che lambisce la vita; è la poesia del rispetto sacro per la parola data dal soldato ceceno, dell’accoglienza nella propria casa dei feriti nemici.
La guerra attraverserà quel piccolo mondo lasciando sospese le domande sul suo senso e su quello della terra-patria : sentimento caro ai popoli slavi .
Rimane ad Ivo il compito di dare sepoltura a quei morti intorno a lui.
È la pietas per gli umani, ben oltre le loro religioni , le loro uniformi e le loro forme identitarie, che risplende negli occhi sinceri di questo bellissimo vecchio estone.